Alle volte ho l’impressione che gli italiani siano come Zeffirelli, dei geni in malafede o che non hanno capito niente.


258916211.2Ho visto un documentario su Sky dove Zeffirelli si raccontava  in una intervista che spaziava dalla sua giovinezza ai giorni nostri.
Tralascio la parte artistica, notevole, e mi concentro su una sua affermazione inerente ai tempi del fascismo e della seconda guerra mondiale.
Chiariamo subito che Zeffirelli è stato ed è un antifascista ed ha pure dato il suo contributo.
Non so se sia di origini ebraiche per via del fatto che mi sono perso l’inizio del documentario ma so che ha avuto i suoi problemi, lo hanno cercato e certamente non era per fargli la festa.
Se un primo della classe istruito e dotato di una intelligenza superiore, che abbiamo potuto cogliere anche noi con i suoi capolavori, dice una stronzata del genere si capisce perché gli italiani, non tutti ma a sufficienza per farci affondare, diano retta alle stronzate della Garnero o di Lupi del quale Letta, se non fosse un venduto al sistema, dovrebbe chiedere le dimissioni.
Paragonare l’eventuale condanna del piduista alla perdita della democrazia è l’esatto contrario di quello che sta avvenendo: un colpo di stato nemmeno tanto strisciante della P2.
La frase che contesto a Zeffirelli è questa: quando ero giovane io i tempi erano grami. C’era il fascismo, il nazismo, il comunismo.
Mettere sullo stesso piano i nazifascisti ed i Martiri che hanno dato la vita per liberarci dall’orrore è una indecenza intellettuale, morale, etica, falsante come è falsa ed opportunista la cultura cattolica alla quale Zefffirelli si richiama.
Far ritenere gli ideali degli altri simili, comunismo-fascismo-nazismo è come dire che destra e sinistra non esistono più come sostengono i grillini.
E’ una filosofia figlia della stessa madre per spacciare il proprio pensiero per diverso e nuovo,diventando così l’innocente concime nel quale sono attecchite le pianticelle di tutti i regimi del mondo.
Diceva Giorgio Gaber: La mia generazione ha perso e se la logica con la quale Giorgio ha fatto questa considerazione è valida allora dobbiamo dire che tutte le generazioni hanno perso, anche le future perderanno se l’evoluzione della specie prosegue su questa strada.
Io, pur avendo passato la maggior parte della mia vita nel tentativo di cambiare il mondo trascurando di pensare a far soldi per la mia famiglia, non mi sento un perdente perché sono stato fedele al mio motto.
Per molti il motto è far soldi e non ti curar di loro, in senso degli altri, per me il motto è questo che ho letto tanti anni fa nella prefazione del Capitale:
Il sapere, anche senza speranza, è da anteporre all’ignoranza che si nutre di illusioni e falsità.
Sono stato svegliato in piena notte dall’allegro vociare di alcuni ragazzi che scendevano a valle e mi sono messo a scrivere nel silenzio notturno del paesino di montagna nel quale mi trovo.
Nella polenta cerebrale dovuta alla notte ho messo insieme i pensieri di Zeffirelli, di Lupi ed i miei.
Gaber l’ho coinvolto perché siamo della stessa generazione, più o meno, e per il fatto che in certi momenti, particolari, fai delle considerazioni che sono un po’ una sintesi della tua vita, dei tuoi pensieri e per fare ciò ci vuole un riferimento, una data, una ricorrenza ed io ce l’ho.
Oggi è il 42°  anniversario del nostro matrimonio. Mirè ed io siamo sopravvissuti. La qualità della vita è migliorata come le automobili, la Juventus ha ripreso a darmi soddisfazioni, mentre la politica, gli ideali, l’etica, la morale, la solidarietà vanno sempre peggio ed anche i geni pestano la merda.
Non fate gli spiritosi sul riferimento alla Juve, anche Togliatti e Berlinguer erano juventini.

Quando per me il commerciante era solo un bottegaio evasore ed egoista. Meccanici e carrozzieri che compravano con lo scontrino.


images43 anni nel mondo dell’auto ad un certo livello, sono arrivato a fatturare 18 miliardi in un anno di ricambi.
Ero solo un capo magazzino ma nella mia carriera ne ho viste tante.
Ho conosciuto meccanici e carrozzieri che avevano difficoltà a firmare una ricevuta ma con una manualità nell’aprire il cassetto o ad infilare i soldi nel portafogli degni di un prestigiatore.
Qualcuno era restio a diventare officina autorizzata perchè per questioni burocratiche legate alla garanzia si doveva per forza rilasciare la ricevuta.
Noi registravamo tutto, fattura o scontrino era tutto registrato perchè casa madre fatturava anche lo spillo.
Ovviamente c’era anche un mercato parallelo, comprare da colleghi, ma nelle aziende dove ho lavorato io non l’abbiamo mai fatto.
Ho visto immigrati arrivare a Milano che sono stati assunti in qualche officina e qualche anno dopo ne hanno aperta una in proprio.
Li ho visti crescere e prosperare, da una stanza in affitto a comprarsi il capannone e qualche appartamento, anche per i figli, oltre che a farsi la casa al paese d’origine per mostrare a tutti i paesani che avevano fatto fortuna.
I loro figli, per la maggior parte, hanno studiato e sono andati all’università e molti non ci hanno pensato nemmeno lontanamente di fare lo stesso lavoro del padre.
Ho visto mogli che aiutavano i mariti con la contabilità, negli anni hanno imparato ad usare la calcolatrice ed a rispondere al telefono, i più evoluti hanno imparato ad usare il pc.
C’era la contabilità emersa e quella sommersa ed anche senza aver fatto il liceo o ragioneria hanno imparato subito come muoversi.
Qualcuno andava a spanne, altri erano meticolosi e compravano i 10 filtri, venduti in nero senza scontrino, in contanti per tenere l’inventario in ordine.
Ho visto comprare cofani,parafanghi, radiatori, alternatori, motorini d’avviamento in contanti e questo significava che avrebbero incassato in nero, esentasse.
Ai clienti raccontavano che avrebebro fatto lo sconto, non ti metto l’Iva era la frase più ricorrente e per un cliente che risparmiava 20.000 lire loro ne facevano sparire 100 mila.
Avete idea di cosa costa sostituire e verniciare un parafango?
Alla fine erano miliardi che sparivano al fisco in tutto il Paese ovviamente.
Per noi non era per niente conveniente perchè casa madre dava i premi solo sul fatturato e non sui corrispettivi.
Il ragionamento era logico perchè il fatturato era soggetto a sconti e quindi andava incentivato mentre lo scontrino avrebeb dovuto essere riferito al privato che, ovviamente, non aveva la tabella sconti delle officine.
Insomma casa madre ragionava, giustamente, così: una lampadina venduta ad un elettrauto aveva lo sconto 30% o 40%, tanto è la logica che conta e non la % esatta, mentre al privato veniva venduta a listino e quindi non andava incentivata.
Per combattere questa evasione inarrestabile la legge si era affidata a noi, insomma dovevamo essere noi ad imporre la fattura se uno era conosciuto come autoriparatore o aveva la tuta.
Una delle tante leggi dementi che la politica italiana ha emesso per agevolare gli evasori.
Io non ho mai fatto il finanziere ma nel mio piccolo ho fatto più io contro l’evasione fiscale che tutta la Guardia di Finanza della mia zona.
Preciso intanto che per scovare l’evasore bastava che la finanza avesse guardato il capannone, i dipendenti, gli immobili intestati alla famiglia e la denuncia dei redditi, non ci vuole uno scienziato.
Dicevo che ho fatto più io contro l’evasione che la finanza con un metodo molto semplice, elementare quanto efficiente.
Noi, magazzinieri dipendenti, eravamo considerati degli amici, dei “complici” da parte degli autoriparatori, il tono con cui ti dicevano questo me lo metti in fattura e di questo mi fai lo scontrino era confidenziale come se anche noi avessimo avuto un tornaconto.
Devi lavorare e devi stare alle direttive aziendali anche se i tuoi ideali, il fatto che tu pagassi le tasse sino all’ultimo centesimo mentre chi avevi di fronte si comprava gli appartamenti ti faceva incazzare ed allora cercavi di mettere i bastoni tra le ruote.
Spesso mettevo in giro la voce che stava girando la Finanza, non era vero ma questo bastava per spaventarli e per 15/20 giorni fatturavano tutto ed erano costretti ad emettere ricevuta.
Non era molto ma era più di quello che facevano le autorità.
Avevo anche un figlio che andava a scuola e facevo parte della commissione genitori che stabilivano la retta della mensa scolastica in base al reddito dele famiglie.
I dipendenti pagavano la retta minima chi faceva il 740 pagava la retta massima, ovviamente quello che scrivo non è esatto al centesimo perchè c’erano fasce intermedie ma è solo per dare un’idea del funzionamento.
Un anno si è presentato per contestare il fatto che noi gli avevamo affibbiato la fascia massima per la mensa di suo figlio un signore che aveva una macelleria con 8, ripeto 8, dipendenti ed in più la cassiera.
Bene questo tizio, a guardargli la denuncia dei redditi, non avrebbe dovuto pagare la fascia massima, ma che dico di più avrebbe dovuto pagargliela il Comune cioè noi dipendenti con le nostre tasse che paghiamo.
Mi ricordo di essermi opposto insieme ad altri, in quartiere lo conoscevamo tutti e tutti eravamo al corrente
che al suo negozio c’era sempre la coda nonostante gli 8 dipendenti e la cassiera.
Erano i tempi del grasso che cola, grazie al capitalismo si stava bene tutti, o quasi.
I dipendenti ed i pensionati pagavano le tasse e c’era lavoro per tutti, bottegai, commercianti, artigiani, piccoli imprenditori e multinazionali evadevano come sempre e si compravano appartamenti o palazzi.
Alcuni proletari non politicizzati non si rendevano nemmeno conto del furto legalizzato verso la massa che il capitalismo italiano e mondiale  aveva eletto a sistema: la massa dei meno abbienti paga e noi ci facciamo i soldi a quei tempi solo i più potenti e smaliziati portavano soldi in Svizzera o almeno non ne eravamo a conoscenza.
Preciso che il capitalismo nel resto del mondo va meglio che da noi perchè hanno meno ladri, i protestanti hanno un’etica feroce contro l’evasore mentre il cattolico, previa confessione dei peccati, perdona tutto. Anche l’omicidio, in particolare se è diretto alle donne.
Ebbene adesso a distanza di decenni possiamo riflettere un momento sul capitalismo.
Io ero, sono, comunista ed è grazie al capitalismo che ci ha difeso dal comunismo odioso ed invidioso dei ricchi che ho potuto godere del benessere e della democrazia imposta dal bravo capitalismo occidentale che poi si è evoluto in capitalismo finanziario e parassita.
Se fossi un credente dovrei accendere un cero di ringraziamento al capitalismo, alla Democrazia Cristiana, ai socialdemcratici e, soprattutto, ai socialisti di Craxi, se stiamo così bene lo dobbiamo a loro senza dimenticare gli americani e le multinazionali.
E’ grazie a loro se noi abbiamo una schiera di bravi imprenditori come Berlusconi e non solo lui, ne abbiamo a migliaia..
Oggi, travolti dal benessere del capitalismo globale, so di commercianti che in 10 ore di attività varie incassano quando va bene 200 euro al giorno che non sono nemmeno sufficienti per pagare luce, gas ed affitto. Potrei fare nomi e cognomi e l’elenco delle attività che svolgono: bar, piccole rivendite di pane, negozi per animali, negozietti di vestiti,piccoli artigiani e così via.
Supermercati e multinazionali li hanno massacrati oltre alla crisi globale che, ovviamente, non ha genitori, colpevoli o mandanti. La crisi è orfana e nessuno ne rivendica la paternità o la adotta.
Quella che io ritenevo la classe nemica del proletariato è diventata come noi e se non muore di fame si sta mangiando fuori quello che aveva messo da parte. Ovviamente chi ha fatto in tempo perchè chi ha aperto nell’ultimo decennio non ha fatto in tempo a farsi il conto in banca, dalle banche riceve solo telefonate quotidiane con l’invito a rientrare, a coprire, oltre naturalmente all’avviso che il conto è bloccato.
C’è chi non riesce nemmeno a fare acquisti di merce per il negozio perchè non ha contante e la macchietta del bancomat accredita i pochi incassi direttamente in banca e va a coprire il rosso esistente.
E’ come se ti sequestrassero l’incasso appena effettuato, nemmeno la mafia arriva a tanto.
Oggi tutti pagano con la carta di credito e quindi il commerciante non ha contanti, diventa un circolo vizioso che ti soffoca, ti uccide perchè quello che incassi viene sequestrato immediatamente dalla banca per coprire il conto in rosso.
Ma ancora non ce ne rendiamo conto, tutti presi a criticare la politica, giustamente e con 10000 ragioni, dimentichiamo che il vero nemico è il sistema, in poche parole il capitalismo finanziario parassita che non investe in produzione, commercio ma solo in speculazione.
Non so se sono stato chiaro, sono concetti che ripeto senza risultato da decenni ed ho ottenuto solo delle grandi prese per il culo da parte di chi è proletario come me.
I banchieri, i manager, le multinazionali ovviamente se ne fregano di quello che penso io ma se lo pensassero in milioni tutti quelli che sono nelle mie stesse condizioni economiche e mentali anche loro avrebbero finito di ridere perchè  avremmo già messo le ghigliottine nelle piazze sull’esempio della rivoluzione francese ma adeguata ai tempi.
Loro hanno fatto fuori la nobiltà parassita noi dovremmo fare fuori la borghesia finanziaria e politica.
Libertè, egalitè, fraternitè in una parola il socialismo.
Ieri l’ultima prea per il culo dei politici asserviti al capitalismo ripresa con enfasi da tutti, dico tutti, i giornali:
In tre anni verrà abolito il finanziamento ai partiti.
Non sono politici sono dei paraculi sfacciati perchè noi siamo stupidi, lo permettiamo.
Non sono i patiti i problema il problema è il sistema ed i cattivi politici che in esso, con esso, si alimentano. Anzi sono lì apposta per difendere il sistema.
E’ la politica che dobbiamo cambiare, la filosofia, gli ideali perchè se facciamo fuori i partiti, in quanto tali, senza cambiare la politica e gli ideali ci troveremo a sguazzare come movimenti o associazioni di consumatori sempre nello stesso stagno marcio e puzzolente che è il capitalismo.
Quante volte ho ripetuto in sezione ai compagni commenrcianti, perchè c’erano, voi siete nella nostra stessa barca se noi non compriamo voi siete alla fame. Come noi.
Ci sono milioni di persone di tutte le età che hanno il mito di Che Guevara, ma non basta mettere la maglietta o la foto su Facebook , bisogna ripeterne il cammino.
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Il finanziamento, illecito, dei partiti ed il finanziamento del Pci. In troppi non sanno e parlano a vanvera. Quello che il Pd ha dimenticato. E’ del febbraio 2012 il post ma è attuale.


28137_1424087851918_1524399124_1054382_282993_nLe tessere sono alcune delle mie che conservo ancora.
Il M5S non ha inventato niente, solo la bufala che destra e sinistra non esistono più.
La sezione dov’ero iscritto io era stata acquistata dai compagni firmando cambiali negli anni 60 era un locale di fianco al Circolo di sinistra e Sesto San Giovanni ne aveva parecchi di circoli, comprati dai soci, sia di sinistra che di area cattolica. Esistono ancora.
Partiamo dal tesseramento per spiegare a chi non sa ed a chi finge di non sapere giocando nel torbido come funzionava il tesseramento.
La direzione del partito mandava un documento dove c’era scritto,( faccio un esempio del metodo le cifre alla lira non le ricordo) la tessera quest’anno ha un costo di 10.000 lire.
Insieme al documento arrivavano le tessere, noi avevamo 600 iscritti forse più che meno, e partiva il tesseramento se ricordo bene da ottobre, novembre in su.
La tessera non veniva rifiutata a nessuno, c’erano pensionati che davano quello che potevano, 3000, 5000, lire e c’erano quelli che davano molto di più coscienti del fatto che andavano a coprire i costi di chi non poteva.
Noi eravamo abbastanza bravi, avevamo iscritti di tutti i tipi, impiegati, pensionati, lavoratori, artigiani, laureati e c’era chi senza problemi faceva la tessera da 50 o 100 mila lire.
Durante il tesseramento si facevano diversi versamenti al comitato cittadino ed una volta chiuso il tesseramento si chiudevano i conti. La mia sezione, l’amministravo io, versava i suoi 6.000.000 di tesseramento ed resto, ripeto eravamo bravi ed incassavamo di più, veniva trattenuto in sezione per le spese, luce, riscaldamento, manifesti ,iniziative varie nel quartiere.
Nel quartiere si tenevano due feste dell’Unità e per un mese lavoravano centinaia di persone gratuitamente, una settimana per il montaggio degli stand, due di festa ed una settimana per smantellare il tutto.
Per trasportare gli stand ci servivamo di compagni artigiani o imprenditori che avevano i camion o i furgoni, qualcuno addirittura mandava i suoi dipendenti, pagati da lui, per montare gli stand.
Poi cercavamo di vendere gli spazi pubblicitari, certamente in prima fila c’era la Coop che con regolare ricevuta pagava l’affitto dello stand, è ovvio che era un finanziamento ma di occulto non aveva niente. C’erano anche concessionarie auto che prendevano gli stand e ci mettevano le loro auto con i venditori, c’era il piccolo artigiano che esponeva i suoi prodotti, quello che costruiva porte blindate, allora erano una moda necessaria, e faceva la sua bella esposizione di modelli.
Poi c’era il ristorante di 300 posti, più o meno, e le donne che facevano da mangiare, le tagliatelle a mano, i piatti tipici delle loro regioni e l’immancabile salamella alla griglia, l’addetto alla griglia era un metalmeccanico tornitore.
Tutti, compresi quelli che facevano il turno di guardia alla notte, lavoravano a gratis, mettevano a disposizione la loro auto per andare a fare la spesa e quello del pesce surgelato ci faceva un forte sconto perchè  lasciava per un mese in bella vista il suo furgone frigorifero con tanto di pubblicità.
L’unico benefit che avevano i volontari era lo sconto sul pasto e, dato che ci conoscevamo molto bene tutti quanti, si faceva direttamente alla cassa.
Terminati i festival di quartiere si andava tutti, o quasi, a lavorare a quello provinciale, regionale o nazionale di Milano, detratte le spese vive il resto veniva quasi tutto versato al partito, ovviamente una piccola quota veniva trattenuta dalle sezioni per la sopravvivenza, soprattutto le più sfortunate o più povere.
Il bilancio veniva discusso pubblicamente nella sede del Cittadino, come chiamavamo noi la sede del partito di Sesto san Giovanni.
E’ ovvio che con i sacrifici e le cambiali di migliaia di compagni il Pci si è comprato sedi, circoli, immobili ed il tutto veniva relazionato pubblicamente a tutti i cittadini in assemblee aperte a tutti, anche ai non iscritti.
Avrebbero potuto partecipare anche i giornalisti del Fatto, Corriere, Libero, Giornale e Repubblica. Cito anche il fatto anche se non esisteva perchè qualche giornalista dei loro era nel Pci come me.
Questo avrebbe risparmiato all’informazione di regime italiana di scrivere cazzate per decenni,  da Mani Pulite in su.
Io ho conosciuto nei miei anni di partecipazione attiva con incarichi in sezione ed i quartiere della gente meravigliosa e non sarà qualche mela marcia a farmi cambiare idea.
Per adesso mi fermo qui, da raccontare ne ho ancora.

Il compagno G: “Viva Mani pulite, abusi a parte” Primo Greganti: “volevano tirarci dentro, ma il Pci era diverso”

Nelle nostre città, nei paesi,nei vicoli e nelle piazze ci sono le lapidi dei Partigiani. Se oggi ci capita di passare davanti fermiamoci un attimo e chiediamo scusa, sono morti per niente. Non meritiamo il loro sacrificio.


resistenza-italiaPer colpa di tutti, nessuno si senta escluso anche se si è impegnato, abbiamo perso il senso dello Stato, della Democrazia e non abbiamo fatto rispettare la Costituzione nata dalla Resistenza.
Grazie alla P2 abbiamo avuto, ed abbiamo ancora come protagonisti delle politica, fascisti e neo fascisti, impresentabili che mostrano il dito medio a cittadini democratici che manifestano con diritto.
La sinistra è finita nelle sabbie mobili perdendo la memoria ed oltraggiando i martiri che si sono sacrificati per renderci la libertà che non sappiamo usare.
Noi, cittadini elettori italiani, sappiamo solo litigare favorendo così un sistema di potere dove non si sa più chi sia la destra e chi sia la sinistra.
Prima di criticare i nostri rappresentanti eletti dobbiamo fare autocritica noi che in 68 anni di democrazia abbiamo saputo solo correre in soccorso del vincitore di turno.
Abbiamo costretto le nostre Istituzioni, a qualsiasi livello, a ricevere capi di partito impresentabili in tutti i sensi e quello che è ancora più grave dichiaratamente iscritti ad una associazione segrete che ha attentato, riuscendoci, allo Stato, alla Democrazia ed alla Costituzione.
La P2.
Non dimentichiamo mai che sono stati eletti da cittadini italiani con diritto di voto e per quanto possa fare schifo questa situazione li continuano ad eleggere da un ventennio.
Abbiamo, temo che avremo ancora, neo fascisti eletti a ministri. Un autentico oltraggio alla nostra Carta Costituzionale.
Per assurdo che possa sembrare non un’occupazione dello Stato da parte di una casta politica impresentabile perchè questi nemici della Democrazia e della Costituzione da un ventennio vengono votati da milioni di italiani, un terzo degli elettori ha votato questi banditi corrotti, corruttori e fascisti.
Abbiamo, ed avremo ancora, governatori di regione, sindaci, amministratori che  nei loro comizi fanno il saluto fascista.
Nonostante ciò lo schifo è diventato normale non ci si indigna più, come si dice non ci si fa più caso.
Ovviamente e per fortuna il discorso non riguarda tutti gli italiani. Sinceri democratici di destra, sinistra, di centro si ostinano a festeggiare il 25 aprile, si indignano nel vedere i banditi occupare le istituzioni e siamo talmente immersi in questo fango da accettare questa indecenza come se fosse un fatto di democrazia.
Le trasmissioni televisive invitano i neo fascisti in nome della par condicio, basti pensare alla collana di presenze che la Polverini, per dirne una, ha collezionato a Ballarò, e le più alte cariche dello Stato ricevono senza nessun imbarazzo neo fascisti insieme ai portavoce, burattini, di un piduista per discutere di un governo di unità nazionale o come cazzo lo vogliono chiamare.
Certo le istituzioni hanno le loro colpe ma non dobbiamo mai dimenticare che lì a rappresentarci li hanno mandati gli italiani, non tutti li italiani certamente, ma la maggioranza di chi è andato a votare.
Questo è avvenuto anche grazie agli astenuti perchè la libertà si difende con la partecipazione e loro si sono rifiutati di partecipare ma non di criticare.
Io mi sento di dovere delle scuse a tutti i Partigiani DI QUALSIASI COLORE E DI QUALSIASI IDEA POLITICA che hanno dato la vita per renderci liberi e regalarci al Democrazia.
Che noi non sappiamo usare, apprezzare, difendere.
Devo delle scuse anche se mi sento assolto perchè sono comunque coinvolto e nonostante i miei sforzi, la mia partecipazione, il mio impegno non sono riuscito a salvare i VALORI per i quali si sono immolati.
Dico sempre che l’hanno fatto anche per me che sono nato dopo la guerra, si sono sacrificati per il futuro e per tutti noi e noi non siamo all’altezza di cogliere la loro eredità, anzi la calpestiamo.
Quindi, se ci è rimasto un briciolo di cervello e di dignità, oggi dobbiamo chiedere scusa ai nostri martiri dimenticando, per un giorno, le miserie di cui siamo tutti responsabili.
Oggi non voglio fare polemica con nessuno, oggi non mi divido anzi, mi unisco in un abbraccio virtuale, in attesa di quello reale oggi pomeriggio, con tutti quelli che condividono i valori della resistenza ed hanno a cuore la nostra Democrazia. Anche, direi ancora di più, con chi non la pensa come me.
Il sangue dei nostri martiri non merita le nostre miserie.
Buon 25 aprile. W il 25 aprile, W i Fratelli Cervi.
Il piduista ex presidente del consiglio, che si è spacciato per partigiano, voleva incontrare Papà Cervi la prima volta che gli italiani l’hanno eletto. Fortunatamente, e qualcuno l’ha pure avvisato, Papà Cervi era morto da tempo e non ha subito questo affronto da un bandito che è la vergogna nazionale nel mondo.

Piano piano la colonna sonora della mia vita se ne va. Giorgio, Lucio, Enzo… Sembra che la mia vita diventi un film muto.


indexA tutti noi piace la musica perchè la musica è come il gelato ce nè di tutti i gusti. I miei preferiti sono il blues ed i cantautori ma mi piace un po’ tutta.
Ritengo che la più bella canzone d’amore che sia mai stata scritta sia Il Nostro Concerto di Umberto Bindi, qui metto la versione di Claudio Baglioni, l’amore non ha definizioni prestabilite e questa canzone è idonea a tutti i tipi che il genere umano ha messo in pista. Non è una canzone per una donna e non è per un uomo è una canzone d’amore.
Quando se nè andato Lennon ero più giovane, più forte del dolore, ammesso che il dolore sia una sfida e non una prova del fatto che siamo vivi e, qualche volta, umani.
Ho conosciuto Giorgio al telefono in occasione dell’uscita di Io se fossi Dio, dopo averla ascoltata in P.za Duomo non riuscivo a trovare il disco e gli ho telefonato. Mi ha dato retta ed istruzioni ed ho il disco.
Nessuno allora conosceva questa canzone ed io la registravo nelle cassette dello stereo sette per regalarla agli amici in tutta Italia. Enzo l’ho conosciuto di persona e Lucio l’ho visto la prima volta tanti anni fa in un locale di Milano di P.za Diaz.
Ci sono delle canzoni che ti toccano profondamente e non basta accendere una sigaretta fingendo che il fumo ti vada negli occhi per nascondere l’emozione. Devi stare zitto perchè non riesci a parlare.
Caruso mi ribalta, spesso l’ascolto da solo per non correre il rischio di dover rispondere a qualcuno quando non sono in grado.
Seguo i messaggi delle mie emozioni e non mi interessa se sono condivise o no, ho scoperto dopo che Lucio se nè andato che l’hanno cantata tutti, in tutto il mondo.
Mi piace molto l’ interpretazione di Lara Fabian.
Enzo per me è un fratello maggiore, ha dato parola e musica a tutto quello che avevo dentro ma ero incapace di esprimere ed è in questi momenti che ti rendi conto che al mondo ci sono persone che hanno una marcia in più
, direi un cambio completo di 7 marce e retromarcia, che meritano tutto quello che hanno per quello che ci hanno regalato.
Davide aveva 4 anni, lavoravo a Sesto ed abitavo in Brianza, ricordo le volte che tornavamo a casa con l’850 special verde e cantavamo a squarcia gola: E la vita la vita e la vita l’è bela.
La cantavano Cochi e Renato ma l’autore è Jannacci.
Ripetevamo all’infinito:  “E la vita, la vita / e la vita l’è bela, l’è bela, / basta avere l’ombrela, l’ombrela / che ti para la testa, / sembra un giorno di festa” Davide rideva come solo un bambino felice può ridere.
In pieno boom economico Enzo aveva scritto El purtava i scarp del tennis, lui sentiva, vedeva gli ultimi.
Non ho mai dimenticato Beppe Viola, milanista pure lui, mai ho amato tanto i milanisti.
Vincenzina, Quelli che (qui la versione originale), Veronica, Vengo anch’io, no tu no, Faceva il palo, Ho visto un re. L’elenco è lungo, quello che hanno lasciato Giogio, Lucio ed Enzo è tutto nel pc.
Hanno scritto anticipando i tempi e quindi per alcuni decenni potremo usufruire, assorbire, quello che il loro genio ci ha messo a disposizione.
Sarà per via dell’età, sarà per via del fatto che la disco music non mi piace. Certamente è un problema mio ma ho l’impressione che piano piano la vita mi sta togliendo la colonna sonora, vado verso un film muto.
Dico sempre che odio Sanremo, non è per la musica in se. Sanremo ci ha fatto conoscere canzoni stupende oltre a tante inutili, mi ha fatto scoprire Vasco.
Odio Sanremo perchè in quel maledetto 1967 lo stavo guardando e mi ha portato via Luigi Tenco.
Comunque la vita comprende anche la morte, o viceversa, ringrazio questi geni della musica e non solo e vorrà dire che la colonna sonora me la faccio da me, come direbbe Enzo, con le canzoni che mi hanno lasciato.

Il mio amico Walter era un personaggio che sembrava uscito da una canzone di Enzo. Dedicato ad Enzo Jannacci.


biciclettaWalter  era figlio di un falegname, in teoria anche Walter era un falegname se solo suo padre l’avesse trovato quando c’era da lavorare.
Si capiva dal triciclo sul quale viaggiava che era un falegname, un triciclo con il cassone più lungo di quello della foto che serviva per trasportare i mobili.
Walter ed io eravamo sempre insieme e ci chiamavamo l’articolo il. Io non arrivo al metro e settanta e Walter non so quanto fosse stato alto, so che nella foto del mio matrimonio la sua testa spuntava dal gruppo di almeno trenta centimetri.
Walter era il classico fannullone ma geniale, sempre impegnato in qualche progetto o avventura.
Intanto si inventò la prima discoteca, la falegnameria di suo padre.
Ogni domenica tutta la compagnia del bar si ritrovava in falegnameria con le ragazze, un giradischi ed un lento di Peppino Di capri, a Milano. Era un lento che serviva alla causa.
Le nostre passioni erano nell’ordine: ragazze, calcio, bere, fumare. Non so in quale ordine, forse era stabilito dalle circostanze. Nella compagnia c’erano due sottogruppi, quelli che e quelli che non, tutti però giocavamo a calcio.
Non avevamo grossi risultati e per diverse ragioni. Intanto non ci siamo mai allenati, come facevano altri e poi c’era un problema del calendario, si giocava alla domenica mattina e noi il sabato sera lo passavamo  a bere, fumare e con le ragazze che dovevano tornare presto, quelli che tiravano mattina eravamo noi.
La nottata di solito si concludeva scaricando davanti alle loro case, come un sacco, chi aveva vomitato durante la notte.
Difficile essere in forma per le dieci del giorno dopo.
C’era Beniamino, il bello della compagnia, Walter l’estroso, io con il faccino d’angelo, Giorgio il raffinato leggermente bradipo, si muoveva al rallenattore, Paolo il postino, Enzo il romano trapiantato a Milano,Vincenzo che accompagnava le nostre ragazze con il tram prima e con la moto dopo quando non avevamo voglia e facevamo i bastardi.
Ovviamente c’erano altri ma non ne ricordo i nomi, in questo momento.
La vera coppia di amici eravamo Walter ed io, spesso veniva a mangiare a casa mia ed alla decima volta si sentì in imbarazzo e volle ricambiare, mi invitò a casa dei suoi.
Abitava in ringhiera, come tantissimi in quei tempi, ci sedemmo a tavola ed il padre del Walter cercava di darsi un tono, non so per chi mi avesse preso ma lo capii poco dopo.
I miei vestiti erano puliti, in ordine, le scarpe pure, contrastavano con i vestiti del Walter colorati ed intrisi di colla, insomma sembravamo il figlio del borghese amico del figlio di un proletario.
Walter aveva un modo di intercalare che prevedeva una bestemmia ogni due, massimo tre parole e così fece pure quel giorno a pranzo.
Il padre era sempre più imbarazzato, sentire il suo figliolo bestemmiare come uno scaricatore di porto davanti ad un ospite così “raffinato” lo metteva in imbarazzo.
All’ennesima bestemmia non si trattenne e riproverò aspramente il figlio: Walter! Controles porco Di*!
Insomma, un po’ di educazione.
Per stare alla larga dalla falegnameria del padre, ed evitare continue discussioni, Walter prese l’appalto per montare gli armadi della Iag a domicilio. Il cliente acquistava in negozio e Walter provvedeva al trasporto ed al montaggio a domicilio.
Sono andato due o tre volte con lui poi lasciai perdere perchè  va bene fare stronzate all’idroscalo, vomitare dal cavalcavia di V.Le Monte Ceneri, ma  combinarle in casa della gente che aveva il tuo nome e cognome era da autolesionisti.
Una volta portammo un armadio in casa di una signora, bene, in Corso Sempione o Città Studi non ricordo, ascensore per le persone e montacarichi per la servitù.
La Signora come vide l’armadio disse, gentilmente, che non era del colore che aveva scelto,  lo aveva scelto più chiaro.
Walter non si perse d’animo e le disse: Signora scendo a prendere il materiale e lo sistemo subito.
Con dell’olio apposito provvide a darle il colore stabilito ed il lavoro andò per le lunghe.
Ad un certo punto la Signora disse che aveva una commissione da fare, ragazzi vi lascio soli voi andate pure avanti con il lavoro.
A Walter si accese la lampadina e comiciò a girare la casa in cerca di ispirazione per combinare qualche guaio dei suoi, trovò subito.
Sopra un meraviglioso tavolino c’era una scatola di legno intarsiato piena di sigarette, recuperò qualche pezzo di cartone svuotò la scatola lasciando solo le due file superiori.
Non so quante fossero, so che mise del cartone sotto e lasciò due file di sigarette in modo da farla sembrare piena.
Quando rientrò la signora il nostro lavoro era finito, ne fu entusiasta e ci diede pure una bella mancia.
Con la faccia tosta delle migliori occasioni ringraziammo e sparimmo al volo.
Un’altra volta consegnammo un armadio ad una ragazza che viveva da sola con la quale Walter ebbe pure una storia, era nostra abitudine cercare di unire l’utile al dilettevole, ed andò tutto bene sino a quando la ragazza non tirò in ballo la faccenda del tavolo.
Aveva comprato un bel tavolo antico ma aveva qualche problema alle gambe, traballava un po’ perchè non erano della stessa misura.
Ovviamente Walter si offrì per risovere il problema, ribaltammo il tavolo e si mise a prendere le misure delle gambe. Fuma, chiachiera, cazzeggia, taglia le gambe ma non erano mai della lunghezza giusta.
Andò a finire che a forza di tagliare le gambe il tavolo d’epoca diventò un tavolo giapponese, quelli che si usano per mangiare seduti sul pavimento.
Riuscì pure a convincerla che fosse di moda.
Walter andò a Londra per qualche mese, quando tornò portò cose nuove che avevano ulteriormente alimentato la sua fantasia.
Andavamo a ballare in un locale in P.le Martini, mi pare si chiamasse Santa Cruz ma potrei sbagliarmi, quello che è certo è che in quel locale fece  le prime prove un nuovo complesso con un cantante bravissimo, gli Area ed il cantante era Demetrio Stratos.
Allora non esistevano discoteche si suonava dal vivo e due volte alla settimana si esibivano gli Area.
Ma Walter era stato a Londra, aveva visto il futuro e fece una proposta ai gestori che accettarono.
Costruì un bancone di legno con una cupola di plexiglas, come aveva visto a Londra, e due giradischi.
Credo sia stato il primo bancone da dj, anche se non esistevano ancora.
Al mio matrimonio mi accorsi che non avevo la cravatta, mai comprata una in vita mia, ne recuperai una al volo nell’armadio dei miei fratelli e mi avviai alla chiesa.
Come mi vide Walter, c’erano tutti ovviamente ero il primo che si sposava, notò la mia impresentabile cravatta e disse: che cazzo di cravatta ti sei messo?
Chiamò tutti a rapporto e comiciò a guardare la cravatta di ognuno, scelse quella di Enzo la migliore e di seta, ci scambiammo la cravatta. Sin qui è tutto normale, tra amici, quello che successe dopo non è normale, è alla Walter.
Si usava durante il pranzo il taglio della cravatta da parte degli amici, avrebbero girato tra i tavoli raccogliendo offerte per ogni lembo tagliato, una scusa per tirare su un po’ di soldi.
Walter non ci pensò un attimo mi fece togliere la cravatta e la tagliò a pezzettini, Enzo non fece nemmeno in tempo a scambiarla con la mia e fu così che una cravatta di seta, non mia, mi rese un pochino di lire.
Dopo il matrimonio cambiai vita, per forza di cose, tra l’altro ero agevolato dal fatto che mi ero trasferito a Sesto e le visite al bar si diradarono, eravamo diventati uomini.
Certamente non siamo maturati perchè a Sesto si mise in piedi un’altra compagnia di malnatt, ma questa è tutta un’altra storia.
Walter ha sempre portato le scarpe da tennis, dai tempi in cui si chiamavano ancora, scarpe da ginnastica. Pareva strano vedere uno in giro con le scarpe da ginnastica, era Walter.
Seppi poi che ebbe qualche problema con la droga, tanti problemi con le donne e relativi figli, non so se trovò mai pace so che quando ci ha lasciato si era trasferito a Macugnaga, anche su Macugnaga ci sarebbe da raccontare, con la terza o la quarta compagna.
Mi fermo qui, ne verrebbe fuori un libro.
Ciao Enzo e grazie di tutto, senza dimenticare Giorgio e Beppe.

A 15 anni ho elaborato una teoria, a 64 ne ho la conferma definitiva. Me l’ha data il Tg3 di ieri sera.


BQkACIl Tg3 ha intervistato i manifestanti a favore di Berlusconi. Un’agenzia, la Aba.Video, ha reclutato persone, pagate dieci euro ciascuna, per la manifestazione pro Silvio Berlusconi in piazza del Popolo. Quasi nessuno lo ha votato, quasi nessuno è militante del partito. In molti hanno lavorato invece come figuranti, grazie all’agenzia, presso programmi Rai. Per l’occasione a Roma tre pullman con 50 persone ciascuno, mentre altri sono partiti all’alba da Milano. ( Fonte: Repubblica)
Penso, come succede sempre davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, ci siano state presenti anche gli anziani ospiti dell’ospizio televisivo Uomini e Donne anziani, quelli che si corteggiano esibendo la prostata ed è avvilente notare come la nostra tribù sia sprovvista del classico vecchio saggio che ogni villaggio ha, dagli indiani d’America alle tribù africane ed in ogni luogo del mondo nei Paesi normali si fa riferimento ai vecchi saggi.
Noi abbiamo solo vecchi rincoglioniti e lo si vede dal degrado del Paese e dal suo fallimento.
Credo che l’Italia del dopoguerra abbia subito una epidemia di imbecillità che ha colpito buona parte della popolazione, detta epidemia si è manifestata ed estesa con l’avvento della televisione televisione commerciale, in particolare quella privata, anche se la Rai ne è stata contagiata al punto tale da non distinuguerla più.
Dicevo che il Tg3 ha intervistato i partecipanti alla manifestazione a favore di Berlusconi, l’untore massimo, e vedere gente che ha lavorato una vita esaltare un bandito della P2 in quel modo mi ha fatto pena, mi ha fatto incazzare.
Triste no per il semplice fatto che già a 15 anni avevo elaborato una mia teoria sull’evoluzione della specie umana ben prima che la teledipendenza distruggesse la materia cerebrale di milioni di persone.
L’avere visto giusto non mi ha dato nessuna soddisfazione, anzi, avrei sperato di sbagliarmi come sempre quando ho fatto la schedina del totocalcio. Infatti da oltre vent’anni non la faccio più.
La mia teoria è nata nella mia testa quando ancora la televisione era in bianco-nero ed è nata nelle osterie dove da ragazzo mi dilettavo a giocare a scopa d’assi con gli anziani.
Erano piuttosto diffidenti nell’accettare al tavolo i giovani, per noi era motivo d’orgoglio quando si veniva accettati come compagni di gioco perchè significava che godevamo del loro rispetto e della loro considerazione.
Ed è appunto osservando gli anziani di Milano, Sesto San Giovanni o del paesino di montagna dove mi capitava di andare con i miei che la mia teoria, nata come sberleffo giovanile alla loro diffidenza nell’accettarti come socio di scopa d’assi, una provocazione diciamo che putroppo ha avuto conferma più volte nel corso della mia vita.
L’ultima ieri sera al Tg3.
La teoria è questa: un bambino vispo, intelligente, sarà un fanciullo curioso. Di seguito diventerà un ragazzo capace nello studio o nel lavoro, un uomo respondabile magari padre di famiglia e più tardi un vecchio saggio che può regalarti consigli grazie alla sua esperienza moltiplicata dall’intelligenza di base, di partenza.
Ogni esperienza, nel lavoro, nello studio, in generale nella vita, vissuta dal bambino intelligente fa da moltiplicatore di saggezza.
E’ atroce ammetterlo ma il ragionamento che segue non ha nulla di razzista, offensivo, mancanza di rispetto ma solo una grande tristezza, anche se era nata con un po’ di perfidia giovanile.
Il bambino pirla sarà un fanciullo pirla, un ragazzo pirla che diventerà uomo pirla per finire nell’apoteosi finale: sarà un vecchio pirla.
Inutile negare l’evidenza. L’esperienza, per uno toccato  dalla sfortuna che la natura gli ha regalato attraverso limiti di cui non ha nessuna colpa, non fa da moltiplicatore e quindi l’evoluzione ne risulta alterata, non potrà mai diventare un vecchio saggio.
La persona intelligente che commette un errore, può succedere a tutti, fa tesoro dell’esperienza che quell’errore gli ha fatto vivere, diventa un punto di forza, una marcia in più.
Lo stesso non avviene per  chi ha dei limiti, l’errore non lo riconosce ma lo considera sfortuna  e se cerchi di avvisarlo ti dice che porti sfiga.
Per fare un esempio che renda l’idea di quello che intendo dire vi racconto un fatto reale.
Eravamo nel cortile del condominio dove abitavo, si stava chiacchierando con altri condomini. Lavoravo nel mondo dell’automobile ed ogni volta c’era qualcuno che mi chiedeva consigli sull’acquisto di un’auto nuova o usata.
Cosa ne dici di questa, cosa ne pensi dell’altra.
Ho comprato una uno usata per mio figlio, te la faccio vedere dimmi cosa ne pensi, se ho fatto un affare oppure no.
Guardo la macchina e gli dico che il rapporto qualità prezzo non è male, gli faccio notare però che le gomme sono un po’ usurate, lisce, sarebbe il caso di cambiarle per non rischiare qualche incidente se piove.
Passa qualche giorno, settimana non ricordo, lo incontro insieme agli altri condomini nel solito crocchio in cortile e come mi vede mi apostrafa ad alta voce: cazzo! Tu porti sfiga! Mio figlio ha avuto un incidente, ha tamponato uno.
Non sono io che porto sfiga, sei tu che sei un pirla. Te l’avevo detto che le gomme erano lisce ed era ovvio che con la pioggia tuo figlio avrebbe avuto dei problemi.
Questo è il classico caso dell’uomo pirla che avrebbe avuto due soluzioni ma non è stato in grado di metterle in atto. Anzi tre. Quello che avrebbe fatto al suo posto l’uomo intelligente.
La prima avvisare suo figlio che le gomme erano lisce, di stare molto attento in caso di pioggia. La seconda di andare dal gommista a cambiare le gomme e la terza, la più importante, consigliare prudenza sempre e comunque.
Vedere anziani normali, inteso come non delinquenti, banditi ecc.ecc. Persone in buona fede che difendono esaltano e rispettano un personaggio del genere, nonostante l’età e l’esperienza che dovrebbero avere accumilato negli anni, mi ha messo tristezza.
Leggere che qualcuno ha partecipato a questa sceneggiata per 10, se fossero stati 100 comunque non sarebbe cambiato il mio giudizio, mi ha dato la conferma che, purtroppo, la mia teoria è giusta.
Non ci crederete ma avrei preferito che il mio ragionamento elaborato dalla mia mente di ragazzino fosse stato una cazzata pazzesca, una supercazzola.
Invece no, troppi vecchi pirla ne danno la conferma.
Dicevano i vecchi saggi: chi è causa del suo mal pianga se stesso. In questo caso non sono causa del loro male è la natura che ha infierito contro di loro, dovrebbero essere i loro cari, i loro figli ad aiutarli a ragionare, a cambiare le gomme.
Il più giovane intervistato dal Tg3 aveva 10 anni più di me, i giovani comunque c’erano.

Quello che  mi spiace di più è vedere gente che magari ha lavorato 35, 40 anni, escluse matrone con gioielli e pelliccia o vecchi borghesi che hanno manifestato anni fa  a Vicenza contro le tasse di Prodi,  che non ha capito ancora niente.
Magari c’è in mezzo pure qualche ex comunista che è diventato leghista o pidiellino, che si è spappolato la mente con la televisione. L’esperienza non ha fatto da lievito.
Dal Fatto Quotidiano:
Silvio ha bisogno di sostegno. Viale Monza 137, davanti alla sede milanese del Pdl. Ore 6 e mezza passate da poco, si parte. Tutti a Roma per la manifestazione del Pdl. Davvero tutti? Una signora è delusa: “Questo pullman è mezzo vuoto”. Appena 22 persone. “Ce n’è un altro davanti però”, ribatte la sua compagna di viaggio. Che qualcosa non andasse come previsto nei numeri si intuiva già ieri, quando l’impiegata che prendeva le prenotazioni al telefono non nascondeva un invito: “Porti pure chi vuole, c’è ancora posto. Anzi se porta qualcuno è meglio”.


Io avevo i fattorini con il cellulare aziendale per questioni organizzative. Ci organizzavamo meglio nelle consegne e si risparmiava un sacco di tempo, migliorando il servizio.


indexSi poteva fare il contratto di sola ricezione ma non potevamo ridurci a chiedere al cliente per fare una telefonata. Il cellulare dei fattorini era, è, uno strumento utile per organizzare al meglio le consegne, fare variazioni in corso mentre si è in giro per la Lombardia ottimizzando il lavoro sia per l’azienda che per il cliente.
Le bollette con i consumi dei cellulari arrivavano a me con l’elenco delle telefonate effettuate.
4 fattorini, 4 cellulari e l’etica dei miei collaboratori era al 50%, non male direi, due lo usavano solo per lavoro ed altri due telefonavano anche alla morosa.
Erano cifre ridicole ma per una questione di educazione e di principio quando vedevo telefonate extra chiedevo chiarimenti: cosa fai usi il telefono aziendale per i fatti tuoi? Non la scopiamo mica noi la tua ragazza e perchè metti in conto all’azienda la telefonata per l’appuntamento?
Era un modo di scherzarci sopra facendo comunque arrivare il messaggio.
Le scuse erano sempre quelle, ho dimenticato a casa il mio cellulare, mi sono confuso ho preso uno per l’altro e così via.
ma se vuoi rimborso la spesa.
Non è una questione di soldi, rispondevo, è una questione di forma verso l’azienda e verso i colleghi che non fanno come te, non sbagliano mai telefono quando chiamano per i fatti loro.
Se capitava il giro lungo, andavamo anche sino a Genova, ovviamente si rimborsava anche il pasto purchè il ristorante non avesse le tre stelle Michelin.
Insomma si cercava di usare il buon senso e di limitare i paraculi, che ci saranno sempre. Tutto questo dipende dal manico, come piace dire a me, se trovi un capo rompiballe come me il vizio di telefonare con il cellulare della ditta lo perdi in pochi mesi, altri lasciano andare.
C’era anche di peggio in una concessionaria dove avevo lavorato in precedenza.
Come tanti sapranno i venditori di auto hanno tutti il telefono fisso sulla loro scrivania, ognuno di loro ha la sua linea alle volte interna tramite centralino altre volte diretta.
C’era un venditore già di una certa età che aveva una sorella in Liguria e tra le chiamate alla sorella e quelle che faceva da gennaio in poi per prenotare le ferie estive, si parla di ore ed ore al telefono con agenzie o con i padroni di casa vacanze, spendeva una cifra.
Il titolare era abbastanza di manina corta ma poco furbo, si lamentava delle spese telefoniche e nello stesso tempo se la faceva fare sotto al naso finchè un giorno non si rivolse a me, ero bravo ad incrociare spese ricavi flussi, e mi chiese di vedere come mai spendevamo così tanto di telefono. Per un tipo che per risparmiare non chiamava nemmeno la moglie era una sofferenza.
Mi feci dare le bollette e nel giro di un paio d’ore gli diedi l’elenco dei dipendenti con il riepilogo delle spese per telefonate private, che esulano dal lavoro. La cosa è molto semplice anche perchè di solito chiamano sempre gli stessi numeri, insomma se stai vendendo una macchina ad una persona non gli telefoni venti volte al mese.
Detto questo non mi è mai capitato di vedere nelle richieste di rimborso spese un barattolo di Nutella o un libro che tratta la Mignottocrazia.
E’ una questione di forma, di etica, di costume, di educazione.
Ma non facciamone un problema di Stato, non facciamoli passare per delinquenti è il classico modo di prendere le cose all’italiana.
Fare i furbi, applicare le regole a spanne, sentirsi migliori degli altri come quando freghi il parcheggio dell’auto a chi era in attesa.
Fermarsi in seconda fila con le 4 frecce accese credendo di sparire, insomma i piccoli soprusi e le meschine furbate per le quali noi italiani siamo celebri nel mondo.
Comunque torno a dire che, secondo me, il problema è sempre nel manico ed è per questo che io ritengo responsabile chi controlla, chi decide, chi comanda.
Non mi piaceva passare per fesso, molti non si rendevano nemmeno conto che la telefonata extra sarebbe stata rintracciabile e credevano di esser furbi. Non era una questione di soldi ma di principio, di rispetto per l’azienda e per i colleghi che non avevano il cellulare aziendale, ed è per questo che quando controllavo le bollette li chiamavo in ufficio per richiamarli all’ordine.
In piccolo, molto in piccolo, sono gli stessi controlli di routine che, si dice, dovrebbe fare la Banca d’Italia sui movimenti delle altre banche.
Qualcuno mi accusava di essere un comunista ma fascista nel lavoro, c’era un ispettore di casa madre che godeva nel definirmi così, diceva nel lavoro sei un fascista come me. Non so cosa intendesse dire perchè io facevo il mio dovere, non ho mai protetto i fannulloni ed ho sempre sputtanato i paraculi per rispetto mio, dell’azienda e dei colleghi. Niente favoritismi.
Detto questo ho sempre preferito guadagnarmi e farmi adeguare lo stipendio in base ai risultati e non alle furbate delle tre carte.
E’ solo una questione di mentalità. Diciamo che, come capo, verrei definito dal 90% degli italiani un rompicoglioni.
Gli stessi che si indignano dei rimborsi spese dei politici e magari fanno la piccola cresta nei  “loro” rimborsi spese.
Quelli che si lamentano quando gli “altri” parcheggiano in seconda fila.
Bankitalia e bilanci delle banche: chi controlla il controllore?
“Spese pazze” al Pirellone: indagati capigruppo opposizione Contestato barattolo di Nutella

Vi sembrerà strano ma io credo alla Francesca innamorata e per due ragioni. La prima è che credo nell’amore e la seconda perchè io ho conosciuto Italo, che non è il treno di Montezemolo e Della Valle.


indexNon so come partire con questo post ma deve essere subito chiaro che da che mondo è mondo un vecchio che si accompagna con una che potrebbe essere sua nipote è una consuetudine alla quale abbiamo fatto l’abitudine, non scandalizza, mentre fa ancora impressione una anziana che si accompagna ad un giovanotto, diciamo che è un fatto più raro tantè che io ricordo solo la Borboni.
Detto questo la storia è piena di storie di giovani fanciulle che hanno perso la testa, in senso buono, per anziani dalla  personalità travolgente che le fa perdere letteralmente la testa.
Lasciando perdere i personaggi famosi come Chaplin, Ponti, Douglas, Picasso, Goethe, Pertini  e mi fermo qui perchè non basterebbe la guida del telefono.
Sono tutte storie di personaggi famosi che all’inizio lasciano qualche dubbio ma che il tempo ha confermato come storie vere ed ammirabili perchè si può dire tutto delle donne ma, quando amano, amano oltre ogni immaginazione o invidia popolare ed alcune sono arrivate al martirio per amore. Quindi massimo rispetto  e sulla fiducia io credo alla Francesca innamorata è una dei tanti casi di giovani che perdono la testa per il mito e quindi accettano anche l’uomo che lo rappresenta con tutte le sue debolezze.
Gli anziani che si accompagnano con le giovani sono di due categorie, quelli che perdono la testa perchè hanno avuto una giovinezza troppo seria, controllata e quindi fanno da vecchi le “fesserie” che avrebbero dovuto fare da giovani.
Si atteggiano a giovanotti e diventano patetici.
L’altra categoria è quella del maschio opportunista che ha usato, frequentato, le donne a freddo, tenendo sempre presente la gestione del rapporto e senza mai abbandonarsi del tutto ad esso. Quelli che hanno avuto tante donne e ne conoscono le qualità ma, soprattutto, le debolezze.
Insomma quelli che in qualsiasi situazione hanno in mano il volante.
L’unico dubbio che ho su Silvio è questo, uno che si è fatto l’esperienza sulle donne con le puttane difficilmente è in grado di apprezzare i valori, le sfumature, lo spessore delle donne innamorate.
Italo, invece, era un uomo di fascino anche se non era famoso. Era un uomo che stava bene aveva terreni, case, faceva il mediatore di un po’ di tutto, credo, bestiame, terreni, case ecc.ecc.
A giudicare dalla sua rastrelliera di fucili da caccia e dalla sua casa era certamente uno che stava bene, non era un attore o un personaggio famoso ma come tombeur de femmes era nei tre finalisti per il pallone d’oro.
Italo aveva sei figli, 4 maschi e due femmine, tutti avuti dalla stessa donna, Adele, che morì durante la guerra mi pare per menigite.
Rimasto solo a meno di 50 anni si prese in casa una giovinetta di Modena, nemmeno vent’enne, inizialmente credo per gestire i figli e la casa poi credo che la giovinetta in questione prese una tranvata e gli restò fedele per il resto della sua vita.
Subito dopo la guerra i figli di Italo si sposarono e nella grande casa rimasero solo Italo e la modenese, forse galeotta fu la solitudine resta il fatto che la ragazza, oltre che accudire la casa, accudì a tute le necessità di Italo e dei suoi ormoni.
Mi spiace, ma nonostante tutti gli sforzi non riesco a ricordare il nome della giovane modenese, mi scuso con lei ma la chiamerò modenese con il massimo rispetto.
Mentre la modenese accudiva l’orto, gli animali da cortile, una decina di cani e la casa abbastanza impegnativa Italo si fece una fidanzata a Lendinara, una morettona con i capelli lunghi che le arrivavano al sedere.
La trattava bene, arrivava con la sua 850 e suonava il claxon lei accorreva felice.
Le sue storie erano di una leggerezza e di una frequenza tale da non avere, quasi, un nome. Erano la mora, la bionda, e diverse tettone, aveva un debole per le tette e per il sedere che lo mandava fuori di testa.
Era anche un uomo spiritoso, esagerato delle volte, ricordo ancora quando fu ospite dei miei al lago, sul ramo di Lecco, ed appena sceso dall’auto di mio padre si trovò davanti a due seni di una signora, che dire prosperosi è poco, e lui non si trattenne dal dire che mai accoglienza gli parve più bella. Volle toccare, non credendo ai suoi occhi. Era la prima volta che la vedeva.
Devo dire che anche le mogli dei suoi nipoti valutò con quel metro e qualcuna ne uscì con un 30 e lode.
Era più spudorato di un givanotto arrapato. Una volta ammirò il sedere di una giovane donna e le disse: che bel mandolino! Lei con fare spiritoso, forse vedere quel vecchio arrapato la intenerì, rispose: purtroppo per lei non suona, presumo che intendesse dire che era fuori quota, troppo vecchio. Lui non si perse d’animo e di rimando, mi spiace, non avrei mai pensato che fosse già rotto.
Non ricordo la reazione della fanciulla.
Tornando alla vecchia, grande,  casa di Italo. La giovinetta di Modena nel frattempo si era fatta adulta mentre sembrava che per Italo il tempo non passasse, come le sue fregole, quindi oltre alle varie fidanzate sparse tra la bassa veronese ed il rodigino pensò bene di portarsene a casa un’altra che aiutassse nelle faccende di casa la modenese e per avere carne più fresca nel suo letto.
Sia chiaro che il  bastone del comando, per anni, rimase in mano alla modenese la quale però perse il posto a letto accanto a Italo.
Tutto procedeva con la massima serenità, tutto normale. Tutte lo accompagnarono sino all’ultimo giorno della sua vita.
Italo era un tipo un po’ particolare, nella sua cittadina c’è un viale molto largo ma corto dove c’è il bar centrale del paese, le banche ecc.ecc.
E’ viale a due corsie molto larghe centrali e due controviali ai lati, uno in un senso ed uno nell’altro. Italo percorse il viale contromano per decenni per andare al caffè e nessun vigile riuscì a convincerlo che avrebeb dovuto percorrere l’altra corsia.
Era ormai anziano e conosciuto da tutti, abituato da 50 anni a percorrere quella strada non ci fu verso di fargli capire che era un senso unico e lui lo prendeva dal lato sbagliato.
Alla bella età di 86 anni non si fermò ad uno stop ed un autocarro investì la sua 850. Fu ricoverato all’ospedale della cittadina e lì iniziò il calvario di tutte le suore, giovani, che assistevano i malati nel reparto ortopedia.
Per darvi una idea del personaggio basti dire che le suore dissero a mia madre: suo suocero ci da più problemi dei giovanotti con una gamba od un braccio ingessati.
Era in trazione con i pesi, credo per via del bacino, aveva una gamba ingessata ma le mani libere ed è con queste che toccava ogni suora che gli arrivava a tiro. Quando gli cambiavano il pappagallo dava letteralmente i numeri. Signora, le suore le chiamava così, con quelle manine chissà quante cose potrebbe fare… Ad alcune di loro fece pure proposte dirette: signora se viene ad abitare con me la faccio servire e riverire per bene. Abbiamo tutto, il bagno, la doccia, la lavatrice e due donne che fanno i mestieri. Venga a vivere con me.
Qualcuna gli rispose, scherzando, io sono già sposata con il Signore e lui rispose: le ho chiesto di venire a vivere con me non di sposarmi.
Insomma quando fu dimesso fu una liberazione per tutte le suore del reparto, tra l’altro quando era in via di guarigione e si poteva muovere non lo trovavano mai nel suo letto, era sempre nel reparto femminile a confortare le giovani ricoverate in ortopedia.
Qualcuna prendeva la faccenda con spirito, qualche altra si risentiva ed i parenti non è che apprezzassero molto l’invadenza del vecchietto arrapato.
Nonostante una vita così impegnativa trovò pure il modo ed il tempo per imbastire una storia con una americana conosciuta alle terme che perse letteralmente la testa. Gli regalò un orologio da tasca d’oro e di marca famosissima, un capitale, e per decenni gli scrisse lettere appassionate che lui mi fece leggere un giorno che gli feci compagnia.
Insomma, come potrei non credere all’amore sincero di una giovane donna affascinata dall’esperienza dell’uomo vissuto è ovvio che ci credo, l’ho vissuto da vicino, quasi in prima persona e quindi credo nella buona fede di Francesca, anche se mi fa tenerezza, mentre non mi convince per niente il edofilo, libidinoso rinsavito ed innamorato.
Italo Argisto, questo è il nome completo, era mio nonno. Anno di nascita 1891, ho il suo congedo originale del 30 dicembre 1918.
E’ fantastico che un anno orrendo, sotto tutti gli aspetti, come il 2012 termini, se ne vada, con una bellissima storia d’amore che oscura persino quella tra il principe William e Kate ma, quello che mi emoziona di più, è il fatto che Francesca piace molto a Marina.
E’ entusiasta della fidanzata di papà confermando quello che vado dicendo da tempo, Marina è peggio di suo padre.

Avevo qualche dubbio, coltivato sulla mia pelle, oggi ne ho avuto conferma dai gionali. Consumi, il calo più alto dal dopoguerra. Allora non sono il solo.


I primi tagli risalgono a qualche anno fa, cinema, ristorante, acquisti di lampadine a risparmio energetico, gestione oculata del riscaldamento e le sigarette me le faccio io con un notevole risparmio.
Sui vestiti non ho problemi, con due paia di jeans vado avanti degli anni, per quanto riguarda l’alimentazione sono un cuoco, quasi, provetto e so far da mangiare con poca spesa.
Qualche vizio l’ho mantenuto come Sky, per vedermi i documentari e lo sport, per quanto riguarda i film sono quasi tutti americani e mi piacciono poco, preferisco quelli in bianco e nero.
I tagli sono dovuti anche al welfare che lo Stato ha appioppato alle famiglie, per i precari ed i disoccupati se non ci fossero le famiglie sarebbe strage, anche se purtroppo strage lo è, c’è poco da scherzare anche se i suicidi di piccoli imprenditori e di lavoratori non fanno notizia come i domiciliari di Sallusti in casa della Santanchè.
Ho letto da qualche parte che in molte famiglie si è riscoperta la cucina di recupero, non si butta via più niente ed a me è tornata im mente mia nonna che, nonostante avesse galli e galline, con un pollo e qualche patata faceva da mangiare per sei.
Il quarto di pollo, inteso come porzione, l’ho scoperto da ragazzino quando sono venuto a Milano, un pollo in quattro nella bassa veronese era una bestemmia.
Il pollo è anche un alimento che odio, appena sposati non avevamo una lira, lo stipendio era uno solo e le bocche erano tre. La Mirè mi ha fatto uscire il pollo dagli occhi perchè costava poco, sono arrivato al punto che appena vedevo un pollo mi veniva la nausea.
Per un decennio non l’ho più voluto vedere, poi ho proceduto con cautela.
Il vino, anche per via del colesterolo, l’ho ridotto ad un decimo rispetto a prima ed il colesterolo mi è pure servito come alibi psicologico per smettere di fare la spesa con gli occhi e con la gola ed usare la testa.
Fortunatamente, per via dell’età, sono tagliato fuori dagli aperitivi e dalle discoteche. Non dico che vegeto, chiacchiero molto spesso con i pensionati e con i negozianti sotto ai portici.
Ognuno racconta i suoi guai, quasi fosse un modo per diluirli, e trova forza dalla condivisione edalla memoria con il recupero del modo di vivere spartano dei nostri vecchi.
Anche se stavano bene non sprecavano niente, rispetto ai miei genitori io ho sprecato molto di più.
Quello che mi da più fastidio è rinunciare ai libri, ne ho circa 500 ed ho preso l’abitudine di rileggere i più vecchi che avevo quasi dimenticato e quindi sembrano nuovi.
Quest’anno ne ho comprato uno solo, fregato da Augias, ho comprato quello di Guzzanti padre che tra l’altro mi sta sulle palle.
Tiremm innanz disse Antonio Sciesa ed io tiro avanti sperando che il 2012 finisca alla svelta, per quanto mi riguarda è il peggior anno dal 1971 in poi.
Non vorrei aver parlato troppo presto, che il 2013 si offenda e decida di essere peggio del precedente.
Se non altro non sarà un anni bisesto.
Ma sono dicerie, non sono supestizioso, ma dato che non costa niente mi tocco. Non si sa mai.
Voi, avete rinunciato a qualcosa o è tutto come prima del 2008?
Cercavo un link da mettere nel post ma ho notato che la notizia è già stata “oscurata”, è passata più veloce della luce, ho dovuto cercare con Google ed ho trovato questa:

Crisi dei consumi, famiglie mai così male dal dopoguerra

Per una volta faccio notizia anch’io, sono un protagonista. Faccio la comparsa anch’io sui giornali, uno della massa. Anche se non sono nei titoli del film, me lo sto vivendo tutto.

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