Certi storici, come Dario Biocca, usano la storia passata ed il revisionismo per giustificare i regimi attuali, cancellare la memoria, screditare gli eroi popolari. Nel senso di popolo e non di fama. Adesso tocca a Gramsci.


Non so quanto renda fare lo storico ma ho la certezza che, se fai lo storico in favore dei potenti di turno, renda di più.
Si deve smantellare in tutti i modi tutto ciò che è patrimonio storico ed ideale della sinistra ed in modo particolare dei comunisti che hanno la fissa della Resistenza, del 25 aprile e della democrazia.
Lascio perdere quel derelitto, intellettualmente, di Pansa che ha rivisto la resistenza ad uso e consumo della P2, come se non fosse stata una guerra civile ma una partita di bocce. Ovvio che la Resistenza non si è fatta con i fiori ma con le armi da fuoco e bianche ed è pure scontato che in momenti come quelli del 1945 qualcuno abbia cercato di vendicare un ventennio di lutti e fascismo.
Direi anzi, da quello che abbiamo constatato nei decenni successivi, che di fascisti ne hanno lasciato in vita sin troppi tanto è vero che li abbiamo trovati ovunque e, nell’ultimo ventennio, addirittura al governo come ministri.
Fortunatamente io sono nato nel 1948, tre anni dopo, eppure il vento e la bufera imperavano ancora tanto è vero che vi fu l’attentato a Togliatti.
Ma veniamo allo storico Biocca che ha scritto un libro a quattro mani, non è dato di sapere se trattasi della badante o di un collega, per sostenere che Gramsci in carcere si “ravvide”, cambiò idea per i leghisti, per salvarsi la vita. Il fatto è che pure Repubblica si è prestata a questa infame teoria dedicando una pagina intera ad un documento palesemente falso e fuori tempo con tanto di titolone: Il ravvedimento di Gramsci.
La tesi di Biocca, lo storico, è che Gramsci, disperato e malato nel 1934, per ottenere la libertà condizionale usa l’art. 176 del Codice Rocco, il quale prevedeva buona condotta da parte del condannato  “tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento”.Scrive Biocca, Gramsci era preso nella morsa, stanco, abbandonato o tradito dai compagni dentro e fuori dalla galera.
Qui finge il buonismo della pietas, si è ravveduto ma era in difficoltà, per rendere più veritiera la menzogna, l’accusa infamante che si ritorce contro lo storico fasullo, asservito, lacchè.
Il ravvedimento entra nel Codice soltanto nel 1962, 25 anni dopo la morte di Gramsci.
Riprendo  da Wikipedia:

Quando la madre morì, il 30 dicembre 1932, i famigliari preferirono non informarlo; il 7 marzo 1933 ebbe una seconda grave crisi, con allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni sul suo immediato futuro: «Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire,pessimista con l’intelligenza e ottimista con la volontà […] Oggi non penso più così. Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di forze».[60]

Eppure lo stesso codice penale dell’epoca, all’art. 176, prevedeva la concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte, fra gli altri, Romain Rolland e Henri Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri detenuti politici, ma solo il 19 novembre Gramsci venne trasferito nell’infermeria del carcere di Civitavecchia e poi, il 7 dicembre, nella clinica del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in camera e all’esterno. Il 25 ottobre 1934 Mussolini accolse finalmente la richiesta di libertà condizionata, ma Gramsci non rimase libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu impedito di andare a curarsi altrove, perché il governo temeva una sua fuga all’estero; solo il 24 agosto 1935 poté essere trasferito nella clinica “Quisisana” di Roma. Vi giunse in gravi condizioni: oltre al morbo di Pott e all’arteriosclerosi, soffriva di ipertensione e di gotta.

Il 21 aprile 1937 Gramsci passò dalla libertà condizionata alla piena libertà, ma era ormai in gravissime condizioni: morì all’alba del 27 aprile, a quarantasei anni, di emorragia cerebrale, nella stessa clinica Quisisana. Cremato, il giorno seguente si svolsero i funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana: le ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite, dopo la Liberazione, nel Cimitero acattolico di Roma.[61]

 «Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire,pessimista con l’intelligenza e ottimista con la volontà […] Oggi non penso più così. Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di forze».[60]

Se le parole di Gramsci, qui sopra, indicano un “ravvedimento” allora la lingua italiana è una ipotesi. Un uomo ammalato, stremato, che dice: Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire.
Io, per molto meno, sarei diventato un fanatico fascista, se fossi sopravvissuto alle angherie ed alla paura, certamente avrei conservato più dignità di certi storici che alterano la storia.
Per conto di chi e perchè non mi interessa, difendiamo i nostri eroi ed i nostri ideali, difendiamoli dal fango e dal letame che i servi del sistema si affannano a produrre.
Ho letto Lettere dal carcere, ho sentito cosa ha detto Sandro Pertini di Gramsci e dei comunisti in carcere durante il fascismo, basta ed avanza per dare del pirla, intellettualmente, al revisionista dell’ultima ora.
Tra poco festeggeremo il 25 aprile, come al solito andrò in piazza con i fratelli Cervi , Gramsci, e tutti i Partigiani di qualsiasi colore  nel cuore.
Ad emozionarmi, per riempire il serbatoio della mente e del cuore, per tirare avanti in questa società, di merda, che i Partigiani non avrebbero voluto. 

 

Una Risposta

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